16 Mag Quella voglia di dolce che non finisce mai: come nasce la fame nervosa?
Vi è mai capitato di aprire il frigorifero senza avere realmente fame? Di cercare qualcosa da sgranocchiare dopo una giornata difficile o di avere voglia di qualcosa di dolce proprio nei momenti di maggiore tensione emotiva?
Se la risposta è sì, sappiate che non siete gli unici: la fame nervosa è un meccanismo molto più diffuso di quanto si possa pensare e, soprattutto, molto più complesso.
Non si tratta solo di mancanza di autocontrollo o di debolezza: la fame nervosa è il sintomo di un sistema che, sotto stress, perde temporaneamente la capacità di distinguere tra ciò che è un bisogno reale e ciò che è una compensazione emotiva. Il nostro cervello cerca quindi conforto, utilizzando il cibo come strumento di regolazione, in modo automatico e quasi inconsapevole.
Pensate che, secondo una ricerca pubblicata su Appetite, l’assunzione di cibi “comfort” riduce temporaneamente l’attività dell’amigdala, offrendo una sorta di sollievo momentaneo: è per questo che il meccanismo si rinforza. Il cibo calma, ma solo per poco, poi torna il senso di colpa e il ciclo ricomincia.
Per riuscire a gestire la fame nervosa è necessario prima comprenderne le origini: solo così si potrà passare da una strategia di contenimento (che funziona poco e per poco tempo) a una vera e propria trasformazione del rapporto con il cibo.
La fame nervosa non è una vera fame fisica: arriva all’improvviso, non ha nulla a che fare con i ritmi regolari dei pasti e porta con sé il desiderio di alimenti specifici (spesso ricchi di zuccheri, sale e grassi). È una risposta emotiva a uno stato di disagio, stress, noia, rabbia o tristezza… e ha una base biologica molto precisa.
Quando siamo sottoposti a stress, il nostro corpo attiva l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, con conseguente aumento del cortisolo (l’ormone dello stress). Livelli cronicamente elevati di questo ormone, vanno ad alterare l’equilibrio tra grelina (che stimola l’appetito) e leptina (che segnala la sazietà), portandoci a desiderare cibo anche quando non ne abbiamo bisogno.
Un interessante studio pubblicato su Psychoneuroendocrinology ha dimostrato come le persone sottoposte a stress cronico tendano a consumare più snack ricchi di zuccheri e grassi e come questo comportamento sia associato a un aumento del grasso viscerale. Lo stress, quindi, non solo stimola la fame nervosa, ma incide anche su dove il corpo va a immagazzinare il grasso.
La prima cosa da fare, è riconoscere quando si tratta di fame reale e quando, invece, siamo di fronte a un bisogno emotivo. La fame fisica cresce gradualmente, può essere soddisfatta con qualsiasi tipo di cibo e si accompagna a segnali corporei specifici. La fame nervosa, invece, è improvvisa, selettiva (orientata verso cibi spazzatura), urgente e implacabile (ovvero, non cala nemmeno dopo aver mangiato).
Una volta riconosciuto questo meccanismo, occorre lavorare su due livelli: da un lato il corpo, dall’altro la mente.
A livello nutrizionale, è importante regolarizzare i pasti, evitare lunghi digiuni e mantenere costanti i livelli di zucchero nel sangue. Pasti equilibrati con combinazione di carboidrati complessi, proteine e grassi sani, aiutano a stabilizzare l’umore e la fame, riducendo i picchi glicemici che possono innescare crisi improvvise.
Inserire nella dieta alimenti funzionali, come cioccolato extra fondente (ricco di triptofano), cereali integrali, verdure amare, semi oleosi e legumi, aiuta il corpo a produrre serotonina (l’ormone del benessere). Anche il microbiota gioca un ruolo chiave: uno squilibrio della flora batterica può, infatti, aumentare l’infiammazione sistemica alterando la comunicazione tra intestino e cervello, con conseguente peggioramento della regolazione tra appetito ed emozioni.
In alcuni casi, può essere utile il supporto di specifici integratori come il magnesio che contribuisce a ridurre la tensione muscolare e l’irritabilità, o la teanina che ha un effetto calmante sulla mente. In ogni caso, la supplementazione deve essere sempre personalizzata: ciò che funziona per una persona, può essere inefficace (o controproducente) per un’altra.
Infine, è utile affiancare al percorso nutrizionale strumenti di consapevolezza emotiva: tecniche di respirazione, mindfulness o semplice costruzione di una routine più equilibrata, tutte strategie che possono aiutare a ridurre lo stress, rientrando in contatto con il proprio corpo.
Nel Metodo Colombo, la fame nervosa non viene mai trattata come un problema di forza di volontà, ma come il segnale di un sistema in disordine, che va ascoltato, compreso e riequilibrato. Per questo ogni percorso parte da una valutazione globale in cui vengono analizzati i livelli di stress, la qualità del sonno, lo stato infiammatorio, il microbiota intestinale e l’equilibrio ormonale: solo così è possibile comprendere quali sono i meccanismi che vanno ad alimentare questa spinta compulsiva verso il cibo.
Si va poi a lavorare sul piano emozionale e comportamentale, costruendo un rapporto sereno con il cibo, fornendo al corpo ciò di cui ha davvero bisogno: nutrienti, ritmi, varietà e supporto metabolico.
Quando il corpo si sente bene, non ha più bisogno di compensare e anche la fame nervosa, lentamente, si spegne.
Se vi capita spesso di mangiare senza avere fame o se sentite che il cibo è diventato una valvola di sfogo o una risposta automatica allo stress… è il momento di agire! Ma non con controllo e rigidità, bensì con ascolto, strategia e conoscenza.
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