25 Feb Vitamina D e Covid-19: nuovi interessanti aggiornamenti
Come sapete, uno degli aspetti più importanti del mio lavoro è quello di rimanere sempre aggiornato su tematiche legate all’alimentazione ed alla salute del nostro organismo, per questo mi piace condividere sempre, con voi, tutte le novità.
Pochi giorni fa, è stato pubblicato il risultato di un’importante ricerca sulla correlazione tra carenza di vitamina D e gravità delle forme di Covid-19: ma partiamo dalla base, cos’è e a cosa serve la vitamina D?
Parliamo di una vitamina liposolubile che viene accumulata nel fegato e viene rilasciata, a piccole dosi, quando il suo utilizzo diventa necessario. Il suo compito, nel nostro organismo, è molto importante in quanto è regolatore del metabolismo del calcio e contribuisce a mantenerne normali i livelli nel sangue.
Una vitamina di primaria importanza in quanto implicata anche nella risposta del sistema immunitario: grazie ad una ricerca Svizzera, infatti, sappiamo che molte cellule dell’organismo, responsabili della difesa dalle infezioni, possiedono un ricettore specifico proprio per la vitamina D.
Secondo una ricerca dell’Università di Harvard, oltre un miliardo di persone nel mondo soffrirebbero di una sua carenza che, quando è lieve, non mostra molti sintomi anche perché tendono a palesarsi solo quando la situazione inizia ad essere molto grave.
Questa carenza compromette la mineralizzazione ossea, aumenta il rischio cardiovascolare e la predisposizione a malattie come diabete, ipertensione e sindrome metabolica.
La vitamina D viene sintetizzata dalla cute tramite esposizione solare: durante l’inverno, i suoi livelli si riducono sia per la diminuzione dell’irradiazione solare che per l’esaurimento delle riserve accumulate durante i mesi estivi: per questo esiste un rischio maggiore di carenza e predisposizione alle infezioni durante il periodo ottobre – marzo.
Livelli bassi possono essere causati da vari fattori come:
- alterato assorbimento intestinale,
- malattie epatiche / renali,
- inadeguata esposizione solare,
- utilizzo di alcune tipologie di farmaci.
Il suo valore, invece, può, e deve essere frequentemente controllato mediante una semplice analisi ematica.
Ma che correlazione esiste con il Covid-19?
Secondo uno studio pubblicato su “Plos One” ed effettuato al Galilee Medical Center su 1176 pazienti, chi riportava valori inferiori a 20ng/mL aveva una probabilità di sviluppare forme gravi, o critiche, di Covid-19 fino a 14 volte superiore rispetto a chi riportava valori superiori a 40ng/mL.
Inoltre, anche i dati relativi alla mortalità si sono dimostrati sorprendenti: nei pazienti con livelli sufficienti, circa il 2,3% degli esaminati riportava questo risvolto critico mentre, nei pazienti con grave carenza di vitamina D, la mortalità raggiungeva il 25,6% vale a dire un paziente su 4, un numero estremamente elevato.
Dai dati emersi, inoltre, risulta che buoni livelli di vitamina D hanno permesso anche di evitare l’ospedalizzazione.
In caso di valori bassi, è altamente consigliabile parlarne con il proprio nutrizionista di fiducia in modo da valutare un piano di supplementazione moderata, ma costante, che possa riportarne i valori a livelli ottimali.
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