01 Lug Quale sarà il cibo del futuro?
Quali saranno le conseguenze del riscaldamento globale sull’agricoltura? Che impatto avranno i cambiamenti climatici sull’agricoltura? Come cambierà la nostra alimentazione?
Oggi voglio trattare un tema delicato che riguarda il nostro futuro, perché ritengo molto importante capire come gli effetti causati dal cambiamento climatico avranno necessariamente una ricaduta sulle nostre abitudini alimentari.
Non possiamo continuare a pensare di ignorare un problema così grande solo perché viviamo in una delle aree geografiche più ricche del mondo.
L’impatto del riscaldamento globale sull’agricoltura
Con il peggiorare del riscaldamento globale aumenteranno i rischi climatici e i danni saranno sempre maggiori soprattutto per l’agricoltura: caldo e siccità combinati porteranno, si legge in alcuni studi scientifici, a perdite sostanziali in termini di produzione agricola nella maggior parte delle aree europee.
Con l’aumento delle temperature bisognerà abbandonare certi raccolti: le proiezioni dicono che le coltivazioni di grano, mais e barbabietola da zucchero si ridurranno del 50% nell’Europa meridionale. I raccolti saranno quindi sempre più costosi e difficili da mantenere, con un conseguente calo della quantità e della qualità dei prodotti che arrivano sul mercato, abbinate ad un contemporaneo aumento del prezzo.
Stando a un rapporto del 2019 dell’EEA, poi, questo provocherà anche un crollo del valore della terra, che potrebbe diminuire addirittura dell’80% entro il 2100, causando un abbandono in massa dei campi a causa di un’attività ormai non più redditizia.
Pensate che nel 2018, a causa di una combinazione di ondate di gelo invernali e ondate di calore e siccità estive, la vicina penisola italiana ha perso il 57% della sua produzione totale di olive; un anno dopo, la Spagna ne ha perso il 44%.
Ma allora, quale sarà il cibo del futuro?
In questo quadro drammatico, c’è già chi pensa a quale potrà essere il cibo del futuro, in grado di sopperire alla mancata produzione di alimenti che siamo oggi abituati a consumare.
Gli esperti affermano che tra 30 anni, potrà essere normale mettere in tavola un piatto a base di insetti o di cibo “cucinato” in laboratorio o assemblato da una stampante 3D.
Gli insetti e gli alimenti sintetici sembrano infatti due delle risposte più probabili alla necessità di dare da mangiare a poco meno di 10 miliardi di umani, quanti si stima saremo nel 2050. Riuscirci, aumentando le rese di agricoltura e allevamenti per portare in tavola i prodotti a cui siamo abituati oggi sarà difficile: avrebbe un impatto devastante sugli ecosistemi.
Formiche, bruchi e affini, sono buone fonti di proteine a basso costo e alcune specie, come la tarma della farina, la locusta migratrice e il grillo domestico, hanno già avuto parere favorevole all’uso umano dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare.
Introdurli non sarà tuttavia banale, a parte la reticenza dovuta al disgusto, anche perché, si dovrà capire se le proteine degli insetti possono scatenare o dare reazioni con altri allergeni. Inoltre, si tratta pur sempre di organismi complessi, dei quali si consumano tutte le parti: perciò non sarà facile caratterizzare la composizione dei prodotti alimentari che ne deriveranno.
Qualcosa di simile potrebbe accadere anche per i cibi sintetici, dalla carne in provetta ottenuta a partire da cellule staminali, alle stampanti in 3D per realizzare cibi su misura per le proprie esigenze nutrizionali. I cibi coltivati in laboratorio sono infatti relativamente semplici da realizzare: basta far riprodurre le cellule staminali in coltura, fornendo loro i nutrienti necessari in condizioni controllate (che peraltro eliminano la necessità di usare antibiotici per evitare contaminazioni e di fatto azzerano gli sprechi di produzione).
Oggi un burger di carne coltivata costa ancora sui 150-200 dollari ed il gusto è migliorabile ma le aspettative sono altissime visto che il giro d’affari potrà valere 25 miliardi di dollari entro il 2030.
Non bisogna dimenticare che uno stesso cibo può avere effetti differenti su persone diverse perché ognuno di noi ha un suo distinto genoma che influenza il modo di assimilare gli alimenti. Ognuno ha un microbiota intestinale, ovvero una popolazione di batteri nell’intestino, specifico ed unico.
I batteri intestinali metabolizzano e trasformano ogni alimento che introduciamo; perciò, incidono parecchio sull’effetto di qualsiasi cibo sull’organismo: la sfida del futuro sarà quindi capire chi sono i coinquilini di ognuno di noi trovando la dieta più giusta per far prosperare le specie batteriche buone, così da restare in salute.
A parte tutte le considerazioni di carattere generale, è fondamentale ridurre, quanto più possibile, le emissioni passando a fonti rinnovabili per cercare di salvaguardare non solo l’ambiente ma anche ciò che la nostra terra è in grado di produrre a beneficio della nostra alimentazione.
Ancora oggi, in Europa, l’agricoltura produce il 10% delle emissioni totali di gas serra: adottare strategie sostenibili e non impattanti è anche un modo per prevenire gli scenari peggiori.
Voi cosa ne pensate? Siete pronti ad un cambiamento del genere o pensate che si debba agire al più presto?