Peperoncino: un vero e proprio elisir di lunga vita

Tutti noi, chi più, chi meno, ci siamo trovati almeno una volta nella vita davanti ad un piatto piccante. Ad alcuni piace, altri non possono farne a meno ed altri ancora fanno un po’ fatica, specialmente quando il grado di piccantezza è molto elevato.

Il peperoncino è un frutto piccante, dalla forma simile ad un corno, prodotto da alcune piante del genere Capsicum. Di origine sudamericana, viene utilizzato principalmente come spezia sia nella sua forma “fresca” che in quella secca.

È particolarmente ricco di vitamine, in particolar modo di vitamina C (è uno tra gli alimenti più ricchi) e carotenoidi come il beta-carotene (precursore della vitamina A).

Il suo gusto piccante è dato dalla capsaicina, un alcaloide che si trova in tutte le parti del frutto (contrariamente a quanto si possa pensare, non è concentrata solo nei semi): pensate che ne esistono oltre 3000 varietà, ognuna con un differente grado di piccantezza che viene misurato, su una scala empirica di valore, chiamata Scoville (in onore del chimico che l’ha ideata).

Secondo una ricerca scientifica, condotta in America, dal Larner College of Medicine dell’Università del Vermont, su una base di 16.000 persone, un’alimentazione ricca di peperoncino sarebbe in grado di ridurre la mortalità del 13%: questo sarebbe dovuto, principalmente, alla diminuzione delle morti per causa cardiovascolare (che, in Europa, rappresentano la causa del 48% di tutti i decessi).

Ma non è finita qui: la capsaicina è in grado di stimolare i Transient Receptor Potential (TRPV-1), dei recettori termici presenti all’interno della nostra bocca: questo va a mettere in moto una serie di meccanismi di difesa del nostro corpo come sudorazione e vasodilatazione periferica. Lo studio americano ritiene che questa stimolazione possa essere in grado di incentivare la termogenesi con conseguente miglior metabolizzazione dei grassi: questo è molto importante in caso di obesità e diabete al punto che il consumo quotidiano di peperoncino potrebbe entrare a far parte della dieta di questi pazienti.

Inoltre, secondo una ricerca ancora più recente, il suo consumo potrebbe contribuire a mantenere in perfetta forma il nostro microbiota intestinale proteggendolo dall’Helicobacter Pylori, causa principale di ulcere e gastriti.

Aumentando il metabolismo dei grassi si combattono anche ipercolesterolemia ed ipertensione, modulando il flusso di sangue nelle coronarie.

In caso di patologie esofagee, gastriche o intestinali, però, è preferibile evitare il suo consumo. In caso, invece, di condizioni come acidità di stomaco, malattia da reflusso, gastrite, colon irritabile o emorroidi, andrebbe consumato con moderazione e solo su eventuale indicazione del nutrizionista.

Sebbene in questi casi sia tendenzialmente controindicato, secondo recenti studi clinici l’uso costante di peperoncino potrebbe addirittura essere in grado di prevenire patologie come ulcera gastrica ed ulcera duodenale.

Attenzione anche al consumo in concomitanza di alcune tipologie di farmaci: ad esempio, in caso di assunzione di anticoagulanti, potrebbe diminuire la coagulazione del sangue mentre potrebbe aumentare la tosse provocata da farmaci ipertensivi.

Avvisate sempre il vostro nutrizionista di eventuali cure farmacologiche e chiedete sempre il suo parere, sarà pronto a consigliarvi e ad indirizzarvi verso la migliore soluzione per voi.

Una piccola curiosità: per smorzare il bruciore dato dal peperoncino, spesso si tende a bere molta acqua ma, in realtà, è totalmente inutile in quanto la capsaicina è solubile solo in alcool, grasso o proteine (in particolare la caseina, la proteina del latte vaccino) pertanto può essere più funzionale sorseggiare un goccio di vino o mangiare un pezzettino di formaggio (questo spiega anche perché, nella piccantissima cucina messicana, si tende ad accompagnare i pasti con della panna acida).


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